Stecche e imbragature stabilizzano le lesioni limitando i movimenti in seguito ad un trauma. Limitare il movimento riduce infatti il dolore e diminuisce il potenziale ulteriore danno tissutale, facilita il trasporto, minimizza la perdita di sangue e aiuta la guarigione. In generale, tutte le fratture e le lussazioni dovrebbero essere steccate prima del trasporto, a meno che la vita del paziente non sia a rischio immediato o la scena del soccorso non sia sicura. Se l’infortunio si verifica in un ambiente in cui l’arrivo dei soccorsi è complicato da condizioni territoriali che possono rendere difficoltosa l’accessibilità al paziente (bosco, alta montagna, canyon), cercare di immobilizzare la lesione diventa ancora più importante.
I tipi di stecche di base includono stecche rigide, morbide, anatomiche e di trazione. La scelta della stecca si basa sul tipo di lesione e sui materiali disponibili. Nelle situazioni improvvisate, le stecche possono essere realizzate praticamente con qualsiasi materiale. Gli esempi includono giornali, cuscini, ombrelli e altri materiali di supporto.
Lo scenario più comune che può richiedere l’immobilizzazione di un arto è quello successivo ad una caduta. Quando si approccia un paziente che ha subito una lesione delle estremità, prima di procedere all’immobilizzazione, controllare le eventuali emorragie massive ed eseguire una valutazione ABCD: il meccanismo d’azione dell’infortunio potrebbe aver causato altre lesioni, non immediatamente evidenti.
Per stabilizzare le lesioni degli arti superiori possono essere utilizzate stecche rigide e morbide . È sempre importante lasciare esposti i polpastrelli per consentire una valutazione continua dello stato neuro-vascolare. Sebbene i principi dell’immobilizzazione degli arti inferiori siano simili a quelli dell’arto superiore, le implicazioni non sono le stesse in termini di evacuazione: è più probabile che le fratture degli arti inferiori coinvolgano ossa portanti e quindi richiedano un’immobilizzazione rigida. Quando possibile, le lesioni degli arti vengono immobilizzate in una posizione funzionale.
Stecche rigide
Le stecche rigide possono essere improvvisate con materiali come cartone, legno e filo metallico. Sul campo vengono comunemente utilizzate steccobende a depressione e stecche rigide. Le stecche rigide sono fissate all’estremità con una varietà di dispositivi di fissaggio, tra cui nastro adesivo, cinghie, garza o velcro. Per tutte le stecche, è essenziale un’ampia imbottitura, soprattutto nei punti di contatto con le superfici ossee e con il tessuto leso, per ridurre al minimo i danni da pressione e il dolore.

Le stecche di cartone hanno il vantaggio di essere leggere, poco costose, facili da applicare e radiotrasparenti. Possono essere prefabbricate o improvvisate. Quando si improvvisa, è importante tagliare il cartone in modo che le ondulazioni siano longitudinali per mantenere la resistenza intrinseca del materiale. Le stecche possono essere adattate individualmente utilizzando l’estremità non interessata come modello e posizionate sull’estremità interessata. Di solito sono fissate con nastro adesivo. Gli svantaggi includono la perdita di integrità quando vengono bagnate e una maggiore lassità rispetto ad altre opzioni di immobilizzazione. In presenza di un’estremità distorta e notevolmente gonfia è difficile steccare utilizzando questa tecnica.
Sebbene siano inizialmente malleabili, le steccobende a depressione sono un tipo di stecca rigida. Queste stecche sono costituite da tante minuscole palline di plastica contenute in un sacco chiuso ed ermetico. Il presidio viene posizionato attorno all’estremità lesionata e l’aria viene estratta manualmente tramite una pompa a mano per formare uno “stampo” rigido dell’estremità lesionata. L’estremità viene lasciata nella posizione di lesione per ridurre al minimo il dolore. Non viene applicata alcuna forza esterna, massimizzando così la circolazione. Sfortunatamente, le steccobende a depressione sono presidi costosi, moderatamente ingombranti, influenzati dai cambiamenti di altitudine e soggetti a perforazione (qualsiasi perforazione rende la stecca non funzionale).

Una stecca rigida leggera, economica e popolare è la stecca SAM. Costituita da una porzione centrale in alluminio inserito tra sottili strisce di gommapiuma, questa stecca risulta essere malleabile, versatile, resistente, radiotrasparente e riutilizzabile. Si trovano comunemente nei kit medici per le ambientazioni impervie e remote. La stecca SAM è flessibile nella sua forma nativa, ma si irrigidisce con la modellazione. Può essere anche modellata per formare un collare cervicale.

Stecche morbide
Le stecche morbide prendono il nome dal materiale morbido e imbottito utilizzato per proteggere e cercare di stabilizzare la lesione. Consentono una maggiore lassità rispetto alle stecche rigide, ma possono essere combinate con stecche rigide per una maggiore stabilità.
Le “stecche-cuscino” sono stecche morbide adatte per lesioni al polso e alla mano. I loro principali vantaggi sono la facilità di applicazione e il comfort. Come altre stecche morbide, consentono un maggiore movimento nel sito della frattura ma sono più voluminose delle altre stecche.

Le immobilizzazioni con l’utilizzo di imbragature e fasce possono essere utilizzate da sole o in combinazione con altre forme di stecche. Le lesioni alla spalla, alla clavicola, alla parte superiore del braccio, al gomito, all’avambraccio, al polso e persino alla mano vengono comunemente stabilizzate con un’imbragatura e una fascia. Per un infortunio alla spalla in cui non è possibile addurre il braccio, è possibile utilizzare un cuscino (o materiale simile) per colmare lo spazio vuoto, con l’imbracatura che sostiene il braccio e la fascia che lo stabilizza. Questa tecnica sfrutta la parete toracica per fornire la base della stecca. Le lesioni dell’omero distale richiedono un’imbracatura e una stecca fasciata in combinazione con stecche rigide.
Le stecche ad aria sono stecche ibride realizzate in plastica gonfiabile ma resistente. Queste stecche vengono spesso utilizzate per il gomito, il ginocchio e la caviglia. Vengono posizionate intorno all’estremità lesionata e gonfiate alla pressione e rigidità desiderate. Presentano il vantaggio di essere leggere e portatili. Pressioni esterne variabili possono essere utilizzate per controllare un’eventuale emorragia anche se una pressione esterna eccessivamente elevata può potenzialmente limitare la perfusione distale e condurre a sindrome compartimentale. Per questo motivo le stecche ad aria devono essere temporaneamente sgonfiate (ad esempio, per 5 minuti ogni 90 minuti) per ridurre il rischio di danno ischemico. La pressione esercitata sull’arto può variare in funzione dell’altitudine e della temperatura. Per questi motivi è importante rivalutare costantemente lo stato neuro-vascolare durante il trasporto.

Stecche improvvisate
Costruire una buona stecca richiede tempo e riflessione.
Dal punto di vista dei materiali, una stecca è composta da tre parti: imbottitura, rigidità e qualcosa per tenerla insieme/coprirla. Gli elementi costituenti possono essere improvvisati utilizzando ciò che si trova a disposizione nelle immediate vicinanze: rami, assi, cinghie imbottite, giornali arrotolati, abiti.
Una buona stecca soddisfa tre criteri principali:
- E’ comoda. Ovvero, si adatta bene e fa sentire bene l’infortunato.
- E’ funzionale. Una buona stecca dovrebbe fornire stabilità e supporto, immobilizzando l’area interessata.
- E’ resistente. Avere un bell’aspetto e apparire ben posizionata fa pensare che non si possa sposizionare o disfare facilmente.

Ricorda che l’improvvisazione è un elemento chiave nel fornire un buon primo soccorso in ambientazioni remote: non potendo disporre di tutta l’attrezzatura che si vorrebbe quando alcune situazioni si presentano, l’utilizzo di creatività e pensiero critico diventano fondamentali per trovare soluzioni ai problemi.
Sarah Bertozzi, RN, MSN
Bibliografia
Auerbach PS, Cushing TA, Stuart Harris N. Auerbach’s Wilderness Medicine. 7th Edition. Elsevier
Johnson C, Anderson S, Dallimore J, Imray C, Winser S, Moore J, Warrel D. Oxford Handbook of Expedition and Wilderness Medicine. 2nd Edition. Oxford University Press
