Lesioni da congelamento: auto-soccorso e management in ambiente.

L’aspetto clinico del congelamento dipende dalla rapidità con cui il paziente ferito si presenta alle cure, ed è importante notare che questo aspetto può inizialmente essere ingannevole: è capitato che pazienti infortunati sulle Alpi, che avevano accesso alle cure tramite elicottero, poco tempo dopo aver sviluppato la lesione presentavano sintomi piuttosto gravi a differenza di quanto accaduto ad alpinisti himalayani, che si erano quasi completamente riscaldati durante la discesa in autonomia e sono riusciti ad arrivare alle cure definitive anche diversi giorni dopo l’infortunio.

Indipendentemente dalla sede, solo pochi pazienti arrivano con i tessuti ancora congelati. Inizialmente l’estremità può essere bianco-giallastra o blu screziata, potrebbe essere insensibile e apparire solida e congelata, indipendentemente dalla profondità della lesione. Con un riscaldamento rapido si verifica un’iperemia quasi immediata, anche in alcuni pazienti con le lesioni più gravi.
Dopo che l’estremità è stata riscaldata, l’edema compare entro 3 ore e dura 5 giorni o più, a seconda della gravità del caso. Vescicole o bolle compaiono da 6 a 24 h dopo un rapido riscaldamento. Le bolle chiare conferiscono una prognosi migliore rispetto alle bolle emorragiche, che indicano lesioni più profonde. Durante i primi 9-15 giorni, la pelle gravemente congelata forma un’escara nera, dura e solitamente secca, indipendentemente dalla presenza o meno di vescicole. La mummificazione forma una linea di demarcazione in 22-45 giorni.

Auto-soccorso in ambiente

La Commissione Internazionale per il Soccorso Alpino (ICAR) fornisce raccomandazioni specifiche per l’auto-soccorso alle persone che lavorano, si divertono o sono altrimenti esposte a un ambiente freddo.

ICAR (International Committee for Alpine Rescue)
Modified from Syme D (for ICAR Medical Commission): Position paper:
On-site treatment of frostbite for mountaineers. High Alt Med Biol 3:297, 2002

Management in ambiente pre-ospedaliero

Le linee guida dello Stato dell’Alaska per il trattamento sul campo e il trasporto di pazienti affetti da lesioni da congelamento raccomandano quanto segue:

  • Se il tempo di trasporto sarà breve (da 1 a 2 ore al massimo), i rischi derivanti da un riscaldamento o ricongelamento improprio superano i rischi di ritardare il trattamento per il congelamento profondo.
  • Se il trasporto sarà prolungato (più di 1 o 2 ore), il congelamento spesso si scioglierà spontaneamente. È più importante prevenire l’ipotermia che riscaldare rapidamente il congelamento in acqua calda. Ciò non significa che un’estremità congelata debba essere tenuta al freddo per prevenire il riscaldamento spontaneo, ma anticipare che le aree congelate si riscaldino come conseguenza del mantenimento del paziente al caldo e proteggerle dal ricongelamento a tutti i costi.

Nello specifico, le Linee Guida dello Stato dell’Alaska per il trattamento pre-ospedaliero delle lesioni da congelamento per sanitari e tecnici del soccorso suggeriscono di:

  • Anticipare, valutare e trattare il paziente per l’ipotermia, se presente.
  • Valutare attentamente l’area congelata perché la perdita di sensibilità può far sì che il paziente non si renda conto delle lesioni dei tessuti molli in quell’area.
  • Ottenere un set completo di parametri vitali e la temperatura del paziente.
  • Rimuovere gioielli e indumenti, se presenti, dall’area interessata.
  • Se è presente congelamento distalmente a una frattura, tentare di riallineare l’arto a meno che non si incontri resistenza. Steccare la frattura in modo da non compromettere la circolazione distale.
  • Determinare se il riscaldamento del tessuto congelato può essere effettuato in una struttura sanitaria. Se possibile, trasportare il paziente proteggendo i tessuti da ulteriori lesioni dovute al freddo o agli urti.
  • Se si decide di riscaldare i tessuti congelati in ambiente, occorre preparare un bagno di acqua calda in un contenitore abbastanza grande da accogliere i tessuti congelati senza che tocchino i lati o il fondo del contenitore. La temperatura del bagnomaria deve essere compresa tra 37° e 39° C (da 99° a 102° F).
    • Generalmente, i pazienti con congelamento non necessitano di oppiacei per alleviare il dolore; occasionalmente necessitano di antidolorifici o ansiolitici non oppiacei. Se possibile, consultare un medico per quanto riguarda la somministrazione di analgesici orali, come paracetamolo, ibuprofene o aspirina. L’aspirina o l’ibuprofene possono aiutare a migliorare i risultati bloccando la via dell’acido arachidonico.
    • Lesioni da immersione o congelamento con altre lesioni associate possono produrre edema significativo e livelli elevati di dolore. Questi pazienti potrebbero aver bisogno di farmaci antidolorifici oppiacei per il trattamento iniziale. In questo caso, il personale di supporto vitale avanzato deve somministrare morfina o altri analgesici in conformità ai protocolli operativi vigenti o tramite prescrizione da remoto in telemedicina.
  • Dovrebbe essere disponibile una fonte aggiuntiva di acqua calda.
  • L’acqua deve essere mantenuta a una temperatura compresa tra 37° e 39° C  (tra 99° e 102° F) e fatta circolare delicatamente attorno al tessuto congelato.
  • Il dolore dopo il riscaldamento solitamente indica che il tessuto vitale è stato riscaldato con successo.
  • Dopo lo scongelamento, i tessuti profondamente congelati possono sviluppare vescicole o apparire cianotici. Le vesciche non devono essere rotte e devono essere protette da lesioni.
  • Posizionare dei cuscinetti tra le dita coinvolte e fasciare i tessuti interessati senza stringere, servendosi di una medicazione morbida e sterile. Evitare di esercitare una pressione eccessiva sulle parti interessate.
  • Le estremità riscaldate dovrebbero essere mantenute ad un livello sopra il cuore, se possibile.
  • Proteggere l’area riscaldata dal ricongelamento e da altri traumi durante il trasporto. Dovrebbe essere costruito un telaio attorno all’area congelata per evitare che le coperte premano direttamente sull’area lesionata.

Nel 2019 la Wilderness Medical Society ha convocato un panel di esperti per revisionare la letteratura recente, in associazione alle linee guida ICAR e dello Stato dell’Alaska, al fine di applicare gradi di evidenza basati sulla qualità delle prove a supporto e per bilanciare i benefici e i rischi per ciascuna modalità secondo la metodologia stipulata dall’American College of Chest Physicians. I contenuti delle ultime linee guida divulgate sono in linea con quelle dello Stato dell’Alaska sopracitate.

In conclusione, la prevenzione risulta essere la miglior strategia per viaggiare e lavorare in sicurezza in ambienti freddi: una buona educazione pre-partenza, la scelta di un abbigliamento adeguato, un’alimentazione ottimale e l’idratazione sono gli ingredienti per mettersi nelle migliori condizioni di affrontare, per scelta o necessità, le intemperie e gli ambienti estremi.

Sarah Bertozzi, RN, MSN

Bibliografia

Auerbach PS, Cushing TA, Stuart Harris N. Auerbach’s Wilderness Medicine. 7th Edition. Elsevier

Johnson C, Anderson S, Dallimore J, Imray C, Winser S, Moore J, Warrel D. Oxford Handbook of Expedition and Wilderness Medicine. 2nd Edition. Oxford University Press

McIntosh SE, Freer L, Grissom CK, Auerbach PS, Rodway GW, Cochran A, Giesbrecht GG, McDevitt M, Imray CH, Johnson EL, Pandey P, Dow J, Hackett PH. 2019. Wilderness Medical Society Clinical Practice Guidelines for the Prevention and Treatment of Frostbite: 2019 Update. Wilderness Medical Society Clinical Practice Guidelines. Wilderness & Environmental Medicine 2019; 30(4S): S19-S32

https://www.clearvuehealth.com/frostbiteaid/ (consultato Novembre 2023)

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