I morsi di serpente costituiscono un problema significativo di salute pubblica, con circa 138.000 vittime registrate in tutto il mondo su base annua. Quando non sono letali, le conseguenze del morso di serpente spesso portano allo sviluppo di disabilità a lungo termine, con oltre 400.000 casi segnalati ogni anno in tutto il mondo. La preoccupazione per la salute pubblica nei confronti dei morsi di serpente, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è rilevante sia per i paesi in via di sviluppo che per quelli sviluppati, trattandosi principalmente di un rischio professionale nei primi e di un rischio ambientale associato alle attività all’aperto nei secondi.
In questo contesto, l’Europa presenta un elevato grado di biodiversità grazie alle sue caratteristiche geomorfologiche, climatiche e ad un’ampia gamma di tipologie ambientali. Pertanto, la fauna di ofidi è ben rappresentata e comprende diverse specie di serpenti velenosi. Tuttavia, poiché la segnalazione dei morsi di serpente in Europa non è obbligatoria, molti di essi rimangono non segnalati e, quindi, ampiamente sottostimati.
Caratteristiche morfologiche delle Vipere
Un primo passo importante nella gestione dei morsi di serpente è l’identificazione della specie coinvolta nel morso. Secondo i recenti aggiornamenti tassonomici attualmente vivono in Europa 57 specie di serpenti, appartenenti a sei diverse famiglie: Colubridae, Erycidae, Natricidae, Psammophiidae, Typhlopidae e Viperidae. Tra questi, un numero limitato di taxa sono stati segnalati come importanti dal punto di vista medico, e appartengono tutti alla famiglia dei Viperidae, che in Europa comprende quattordici specie.
Le vipere possono essere facilmente identificate rispetto agli altri serpenti europei mediante una serie di caratteristiche morfologiche oltre che dalla sintomatologia associata al loro morso:
- Il corpo è corto e tozzo, con una una dimensione media di 50−70 cm;
- La pupilla è verticale ed in piena luce assume forma a fessura verticale;
- Le vipere presentano almeno una fila di scaglie sub-oculari che separano l’occhio dalle squame sopra-labiali;
- La sommità della testa è ricoperta da piccole scaglie disposte irregolarmente;
- La forma della testa non è un carattere distintivo attendibile in quanto le vipere
possono avere una forma della testa più o meno triangolare o sub-ovale.
Tra le quattordici specie di Viperidi presenti in Europa, quelle considerate di maggiore rilevanza medica, per la loro maggiore diffusione e per il maggior numero di morsi di serpente registrati, sono le seguenti sei: Ammodytes, Aspis, Berus, Latastei, Seoanei e Ursinii. In caso di morso di serpente, la corretta identificazione della specie è fondamentale per applicare la terapia più adeguata. Sarebbe quindi importante che la persona morsa scattasse delle fotografie dell’animale, per facilitare la sua identificazione agli operatori sanitari. Fotografare il serpente responsabile del morso è una pratica raccomandata dall’OMS poiché, sebbene anche la descrizione del serpente che morde il paziente possa essere importante per l’identificazione della specie, le fotografie sono generalmente più affidabili e possono essere rapidamente condivise con gli esperti, consentendo così un’identificazione più rapida e accurata della specie colpevole. Se il morso è stato accidentale e il paziente non ha potuto osservare attentamente o fotografare l’animale, la descrizione della zona geografica, dell’altitudine e della tipologia di habitat in cui è avvenuto il morso è altresì importante per fornire una base per una provvisoria identificazione della specie.
Apparato velenifero e composizione del veleno
I serpenti velenosi hanno una o più paia di denti allargati (zanne) nella mascella superiore. Le zanne di solito contengono scanalature o canali attraverso i quali il veleno viene iniettato nella pelle della preda o della vittima umana o inoculato masticando. Una o due zanne di riserva possono essere situate immediatamente dietro la zanna attiva su ciascun lato. Le vipere, nello specifico, hanno zanne anteriori altamente evolute, lunghe e ricurve, posizionate su una mascella girevole che consente loro di essere erette quando il serpente colpisce e piegate piatte contro la mascella in una membrana protettiva quando non in uso.

I serpenti hanno evoluto il più complesso di tutti i veleni: il veleno di ciascuna specie contiene più di 100 componenti diversi. Oltre il 90% della composizione è costituita da proteine, che comprendono una varietà di enzimi, tossine polipeptidiche non enzimatiche e proteine non tossiche. Gli ingredienti non proteici includono carboidrati e metalli, lipidi, amminoacidi liberi, nucleosidi e ammine biogene come la serotonina e l’acetilcolina. La via di somministrazione del veleno (topica, intradermica, sottocutanea, intramuscolare, intraperitoneale, endovenosa, intracerebrale) influenza la velocità, lo schema e la letalità dell’avvelenamento. Come ci si potrebbe aspettare, i morsi multipli, rivelati dal numero di punture delle zanne, sono associati ad avvelenamenti più gravi.
Gestione clinica dell’avvelenamento da vipera
Dopo essere stato morso da una sospetta vipera, l’aspetto più critico per il paziente è quello di mantenere la calma e chiamare immediatamente il numero di emergenza. Ciò è particolarmente rilevante perché qualsiasi agitazione e movimento peggiorerà l’avvelenamento attraverso un aumento del flusso sanguigno e una conseguente circolazione accelerata delle tossine nel sistema sanguigno. Una volta che il paziente è stato raggiunto dalla squadra di emergenza, il passo successivo è l’immobilizzazione della zona interessata. Per i morsi agli arti inferiori può essere applicata una benda larga almeno 10 cm tirando ed esercitando una moderata compressione. La larghezza della benda dovrebbe essere estesa il più possibile, preferibilmente sotto l’area del morso. Infine va applicata una stecca rigida per immobilizzare la zona coinvolta. Se la benda e la stecca rigida sono stati posizionati correttamente, la compressione esercitata attorno alla zona del morso non sarà fastidiosa per il paziente e, soprattutto, potrà essere mantenuta in sede per diverse ore. La benda di immobilizzazione verrà poi rimossa una volta che il paziente arriverà in ospedale. Anche per i morsi agli arti superiori è applicabile una benda compressiva, con una larghezza consigliata di circa 7 cm di altezza da un rotolo di benda lungo circa 6 m. Si dovrebbe iniziare dalla punta delle dita, arrivando fino al gomito, assicurandosi che la benda non impedisca la circolazione arteriosa, controllando che il polso sia percepibile dopo l’applicazione. Per i morsi di serpente vicini o addirittura sopra il gomito, è necessario bendare l’intero braccio fino alla spalla. Successivamente, l’immobilizzazione della zona del morso verrà completata con una stecca, bloccando il braccio contro il tronco. Nei rari casi di morsi nella regione della testa e del collo, è consigliabile applicare un tampone sulla zona morsa, mantenendolo compresso con un cerotto elastico adesivo.

al paziente vittima di morso di vipera (Di Nicola et al, 2021)
Tutte le tecniche comunemente conosciute come compressioni arteriose, lacci emostatici, taglio e apertura della ferita, aspirazione del veleno con la bocca, bruciature, uso di agenti ossidanti, fenolo, permanganato di potassio non sono supportate dalla letteratura scientifica, essendo inefficaci e rischiando solo di aumentare il rischio di complicanze cliniche.
Non è consigliabile prescrivere farmaci fuori dall’ospedale, tuttavia, in caso di dolore, si può effettuare una terapia analgesica utilizzando il paracetamolo. Allo stesso tempo, è importante evitare farmaci antinfiammatori, come l’acido acetilsalicilico, per evitare un maggior rischio di sanguinamento. Se non vi è evidenza di sintomi neurotossici, possono essere somministrati sedativi comuni come basse dosi di benzodiazepine (diazepam 2 mg-4 mg [10-20 gocce]) o sonniferi (lorazepam 1 mg [10 gocce]) per tranquillizare i pazienti in caso di ansia.
Il trasporto in ospedale dovrebbe essere facilitato dai servizi di emergenza, in auto o in elicottero per le zone più remote. In tutte queste situazioni il paziente dovrebbe fare il minor numero di movimenti possibile ed essere costantemente monitorato. Il collo deve essere sostenuto in posizione neutra e, se non sono presenti altri traumi, la vittima dovrebbe essere trasportata preferibilmente seduta, poiché il rischio di soffocamento per la possibilità di rigurgito di materiale proveniente dallo stomaco è sempre plausibile soprattutto perché il vomito è spesso uno dei primi sintomi di avvelenamento.

Trattamento dei sintomi locali o sistemici
La percentuale più alta di morsi è localizzata principalmente negli arti superiori e inferiori ed è caratterizzata principalmente da sintomi locali e regionali. Tuttavia, possono insorgere sintomi sistemici che possono diventare pericolosi per la vita. I sintomi locali successivi al morso di una vipera possono variare da lievi a gravi e, in generale, l’area del morso è per lo più caratterizzata dalla presenza di uno o due segni visibili di zanne (a circa 6 mm-8 mm di distanza ciascuno) che è associato ad una tipica fuoriuscita di sangue. Esiste la possibilità anche di “morsi secchi”, ovvero morsi senza l’inoculazione di veleno e quindi non associati a sintomi locali o sistemici dopo 24 ore.
Subito dopo un morso, la zona morsa generalmente diventa gonfia e dolorante. Tuttavia, negli arti inferiori il gonfiore può insorgere anche ore dopo. La sequenza degli eventi comporta un edema locale che poi può estendersi all’intero arto nel giro di poche ore, nonché una concomitante insorgenza di ecchimosi localizzate e delimitate attorno ai segni delle zanne con il potenziale di estendersi ampiamente. In alcuni casi possono essere presenti linfoadenopatie loco-regionali, indice della diffusione del veleno nel sistema linfatico. Vescicole emorragiche possono eventualmente formarsi nella zona del morso, il più delle volte dopo 12 ore. È importante eseguire un’accurata valutazione clinica delle vescicole, poiché la loro estensione può essere sinonimo di una necrosi sottostante che insorge nel 5,5% dei casi di avvelenamento dovuti a morsi di Vipera europea. Per il trattamento locale è opportuno rimuovere eventuali gioielli o orologi, poiché potrebbero ostacolare la disinfezione locale e, in caso di edema, potrebbero lacerare la pelle accelerando il processo di necrosi. L’area del morso deve essere esaminata con cautela ed eventuali residui di sporco devono essere rimossi. L’area interessata può essere trattata con acqua ossigenata o semplice acqua poiché il veleno di vipera è solubile in acqua. La disinfezione con alcol o altre sostanze chimiche dovrebbe essere evitata poiché possono generarsi composti tossici. L’area edematosa deve essere marcata con penna dermografica e monitorata ogni ora per registrare l’eventuale espansione o la comparsa di ecchimosi e/o necrosi. Un trattamento antibiotico profilattico è indicato solo in casi evidenti di sintomi indicativi di un’infezione locale (es. impetigine, erisipela), area cutanea molto sporca, utilizzo di manovre invasive locali inappropriate e non sterili o in caso di malattie sottostanti che possono aumentare il rischio di infezioni secondarie (ad esempio pazienti diabetici o pazienti immunodepressi). Lo stato di immunizzazione del paziente contro il tetano dovrebbe sempre essere valutato e l’immunizzazione dovrebbe essere fornita quando appropriato.
Una volta che il paziente è arrivato in ospedale, è necessario un esame fisico generale dopo aver monitorato la sede locale del morso. La pressione arteriosa, pulsossimetria e frequenza cardiaca devono essere monitorate e deve essere eseguito un elettrocardiogramma. La pelle e le mucose (bocca, tratto anorettale e genitale) devono essere valutate per eventuali evidenze di petecchie, porpora, emorragie ed ecchimosi. La dolorabilità addominale può suggerire un sanguinamento gastrointestinale o retroperitoneale. L’emorragia intracranica è suggerita dalla lateralizzazione dei segni neurologici, dalle pupille asimmetriche, dalle convulsioni o dalla compromissione della coscienza. Il medico, infine, dovrà chiedere al paziente eventuali allergie note (in particolare alimentari, farmaceutiche o punture di insetti) per pianificare la terapia più adeguata. In caso di perdita di coscienza per cause neurologiche, cardiovascolari o ematologiche, le tecniche di salvataggio non differiscono da quelle per altre eziologie e vengono applicate metodiche di supporto vitale avanzato secondo le linee guida dell’European Resuscitation Council.
Terapia antiveleno specifica: indicazioni alla somministrazione e reazioni avverse
La somministrazione di antiveleno deve essere sempre considerata con cautela a causa dei gravi effetti collaterali che può innescare. Tuttavia, l’eventuale insorgenza di effetti collaterali non dovrebbe ritardare o annullare la somministrazione dell’antiveleno. Questa è raccomandata quando esistono segni di avvelenamento sistemico o in caso di sintomi localmente avanzati o progressivi. Poiché la risposta all’antiveleno è immediata e il suo utilizzo tempestivo permette di neutralizzare le tossine e gli altri componenti del veleno, prevenendo così danni irreversibili agli organi, l’indicazione alla necessità della somministrazione di antiveleno dovrebbe essere valutata rapidamente, entro 1-2 ore dal morso di serpente, sebbene sempre basata sulla presenza di sintomi di avvelenamento sistemici e/o locali. La letteratura scientifica suggerisce che l’antiveleno debba essere somministrato quando insorgono i seguenti sintomi: ipotensione e shock circolatorio, sintomatologia gastrointestinale grave e prolungata, edema delle mucose con rischio di ostruzione bronchiale, rapida estensione dell’edema a un intero arto e/o a il tronco, sintomatologia neurologica con sistema nervoso centrale depresso e paresi periferica e centrale.
In generale, la frequenza delle reazioni avverse dopo la somministrazione dell’antiveleno in tutto il mondo è stata segnalata intorno al 10% e risulta essere correlato alla dose. Se si verifica una reazione anafilattica acuta, la somministrazione dell’antiveleno deve essere temporaneamente sospesa e la terapia della reazione anafilattica non differisce da quella della stessa risposta di diversa eziologia.
L’antiveleno dovrebbe essere sempre disponibile presso i centri antiveleni locali o regionali e, in caso contrario, potrebbero essere contattati i centri antiveleni nazionali. Tuttavia, in occasioni molto rare, l’antidoto potrebbe non essere immediatamente disponibile e dovrebbero essere implementate misure terapeutiche correlate. In ogni caso, le tecniche di salvataggio ABCDE non differiscono da quelle applicate in altre condizioni di pericolo di vita, basate su protocolli messi in atto nel cosiddetto “Advanced Life Support” secondo le linee guida dell’European Resuscitation Council.
Sarah Bertozzi, RN, MSN
Bibliografia
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