Oltre l’ora d’oro: il Prolonged Field Care nella Medicina Wilderness

Per decenni ci siamo ripetuti che esiste un tempo magico — la famosa “Golden Hour” — entro cui un paziente traumatizzato deve ricevere cure definitive per avere buone chance di sopravvivenza. Ma cosa succede quando l’ospedale è a giorni di distanza, o l’elicottero non può volare?
Benvenuti nel mondo del Prolonged Field Care (PFC), la medicina che nasce per gestire i feriti oltre i limiti del tempo e delle risorse.

Cos’è il Prolonged Field Care?

Il concetto nasce in ambito militare: forze speciali e operatori sanitari che si trovavano a ore (o giorni) da un centro chirurgico, costretti a mantenere in vita i feriti in condizioni estreme.
Col tempo, l’idea è evoluta nel più ampio Prolonged Casualty Care (PCC): non più solo un prolungamento del soccorso, ma un vero “ponte terapeutico” tra la stabilizzazione e la cura definitiva.

In pratica, significa curare un paziente per 6–72 ore (o più) in un ambiente remoto, con attrezzature limitate e supporto logistico minimo.
E se pensi che questo riguardi solo i militari, considera quante volte — in montagna, in mare, in spedizioni o disastri — ci si può trovare in condizioni simili.

Le più recenti pubblicazioni stanno cercando di trasportare il PFC nel mondo civile.
Il principio è semplice ma rivoluzionario: il tempo non è più un nemico, ma una variabile da gestire. Questo significa organizzare le cure sapendo che il trasporto potrebbe tardare, che l’elettricità potrebbe mancare e che l’ossigeno si esaurirà.
Non serve solo competenza tecnica — serve una mentalità diversa, fatta di priorità dinamiche, inventiva e calma nel caos.

Gli operatori militari hanno definito 10 capacità cliniche fondamentali per chi si trova a gestire un ferito “a lungo” fuori da un ospedale.
Ecco come possiamo tradurle nel linguaggio wilderness:

  1. Controllo dell’emorragia – tourniquet, emostatici, pressione diretta
  2. Ventilazione e ossigenazione – saper improvvisare un sistema di supporto ventilatorio minimo
  3. Circolazione e fluidoterapia – uso razionale di fluidi, monitoraggio clinico senza strumentazione
  4. Supporto neurologico e termico – prevenire ipotermia e shock neurogeno
  5. Analgesia e sedazione minima – controllare il dolore in sicurezza
  6. Gestione delle ferite e infezioni – irrigazione, medicazione, antibiotici se disponibili
  7. Mobilizzazione e nursing sul campo – cambiare posture, prevenire decubiti
  8. Nutrizione e idratazione prolungata – strategie di sopravvivenza
  9. Comunicazione e documentazione – sapere cosa è stato fatto, anche senza rete

In sostanza: fare il massimo con il minimo, mantenendo qualità e continuità delle cure.

L’ospedale che entra nello zaino

Nel PFC, lo zaino non è solo logistica: è una scelta clinica.
Ogni grammo che portiamo è una decisione terapeutica.

Negli ultimi anni, diversi gruppi di ricerca (Dawood et al., J Trauma Acute Care Surg, 2025; Military Medicine, 2024) hanno studiato il contenuto ottimale di uno zaino da PFC, capace di sostenere un paziente critico fino a 72 ore.
Il risultato? Un kit modulare, bilanciato tra efficacia, autonomia e peso.

Il principio base è semplice e geniale:

LivelloDurata stimataObiettivoEsempi di contenuto
Minumum6 oreGestire emergenze immediateTourniquet, guanti, medicazioni, fonte d’ossigeno minima, soluzione fisiologica, dispositivo vie aeree base
Better24 oreStabilizzare e monitorareSet infusione, analgesici, antibiotici orali, termocoperte, glucometro, strumenti di sutura, comunicatore satellitare
Best72 oreMantenere e supportare nel tempoDevice ventilatori portatili, fluidi bilanciati, ketamina o oppiacei titolabili, monitor multiparametrico compatto, rifornimento alimentare e termico

L’idea non è avere tutto subito, ma poter adattare lo zaino al contesto e alla missione: peso, clima, distanza, numero di operatori, e autonomia prevista.

Ogni elemento del kit deve rispondere a tre criteri:

  1. Multifunzione: un oggetto per più usi (es. telo termico come barella, coperta, paravento).
  2. Ridondanza selettiva: doppioni solo per ciò che salva la vita (emostatici, tourniquet, batterie).
  3. Manutenibilità: tutto dev’essere sostituibile o riparabile sul campo.

Il motto dei team di Prolonged Care è chiaro: “Porta meno, ma sappi fare di più.”

Per spedizioni o squadre di soccorso remoto, ne possono derivare tre versioni pratiche:

  • Zaino “light expedition” → < 6 kg, per spedizioni o gruppi con rotazione rapida e supporto remoto;
  • Zaino “advanced rescue” → 9 kg, dotato di strumenti di monitoraggio e terapia prolungata (24–48 h);
  • Zaino “long-range medical” → fino a 12 kg, pensato per missioni stazionarie o spedizioni con supporto radio/telemedicina.

Una buona regola per evitare l’eccesso di materiale è quella che se non sai dove metterlo, probabilmente non serve!

Il tempo come strumento

Muhonen et al. (2025) hanno introdotto un concetto affascinante:

“Il tempo non è solo una variabile da subire, ma uno strumento da usare.”

Nel PFC il tempo serve per monitorare, adattare, prevenire peggioramenti.
Chi si addestra in scenari simulati prolungati impara che la gestione di 12 ore non è solo “fare di più”, ma “fare meglio e più lentamente”, con sostenibilità.
È un’arte di equilibrio tra risparmio energetico, cura efficace e protezione del team.

Oggi molti servizi di emergenza — dalla Scandinavia al Nord America — stanno adattando il PFC al contesto civile remoto:

  • aree montane con meteo avverso,
  • spedizioni polari o desertiche,
  • scenari post-catastrofe con trasporti bloccati,
  • soccorso marittimo o aereo prolungato.

Ricerca e prospettive

Quali sfide per il futuro?

  • Validare protocolli su casi reali, non solo simulazioni.
  • Miniaturizzare i sistemi di monitoraggio e comunicazione.
  • Portare la telemedicina dove non c’è campo.
  • Formare una nuova generazione di operatori wilderness capaci di pensare in termini di ore, non minuti.

Come scrive Schmid (2022): “Il Prolonged Field Care non è solo una pratica clinica, è una filosofia di resilienza sanitaria.”

Conclusioni

La medicina wilderness e quella militare hanno una lezione comune: la tecnologia aiuta, ma è la preparazione che salva.
Imparare a gestire un paziente per ore o giorni con quello che abbiamo nello zaino significa riscoprire l’essenza della medicina: ingegno, calma e competenza.

Il futuro?
Forse non sarà sempre dorato come la “Golden Hour”, ma sarà sicuramente più lungo, più umano e più adattivo.

Sarah Bertozzi, RN, MSN

Bibliografia

Dawood ZS et al. Development of a prolonged field care kit using a modified Delphi survey approach. J Trauma Acute Care Surg. 2025.

Dawood ZS et al. Designing the Prolonged Field Care Kit (PFAK). Military Medicine. 2024.

Muhonen A et al. Time is a Tool: Evaluation of a Prolonged Casualty Care Model. Military Medicine. 2025.

O’Kelly J et al. Prolonged Field Care Principles in Civilian EMS. IPPR. 2024.

Smith M et al. Systematic Approach to Delivering PFC in a Role-1 Context. BMJ Mil Health. 2021.

Schmid J. The Origin, Evolution and Future of PFC. J Mil Veterans Health. 2022.

Dolan JM et al. Biologically Focused Technologies for PFC. npj Regenerative Medicine. 2021.

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